Non ancora assuefatto al suo destino
l’uomo moderno come un’eco rotolante
si crede libero perché l’ha pensato –
ecco, cogliendo in quell’attimo il canto
difonico tuvano di pipistrelli appena usciti
dalla caverna di Platone le onde
marcescenti delle pareti toccate
lasciano un’impronta, forse una scrittura
o un fragile lamento scordato
troppo lontano, sordo strumento
che sta laggiù tra la terza
e quarta vertebra toracica.